Nell’anno 2033, il mondo è ridotto ad un cumulo di macerie. L’umanità è vicina all’estinzione. Le città mezze distrutte sono diventate inagibili a causa delle radiazioni dovute agli attacchi nucleari. Al di fuori dei loro confini, si dice, solo deserti e foreste bruciate.
I sopravvissuti ancora narrano la passata grandezza dell’umanità. Ma gli ultimi barlumi della civiltà fanno già parte di una memoria lontana, a cavallo tra realtà e mito. Un’intera generazione vive o meglio sopravvive nelle profondità della metropolitana di Mosca, la più grande del mondo.
La struttura sociale si è ricostituita attorno alle fermate della Metro di Mosca, cercando di creare una quotidianità deformata, senza luce né cielo. Artyom è il giovane protagonista, poco più che ventenne, venuto al mondo quando ancora si viveva in superficie.
A lui verrà affidato il compito di addentrarsi nel cuore della Metro, fino alla leggendaria Polis, per avvisare le centinaia di persone che ancora vi abitano, di un imminente pericolo e ottenere aiuto. E’ lui ad avere le chiavi del futuro nelle sue mani, dell’intera Metro e probabilmente dell’intera umanità. Formalmente Metro 2033 è un romanzo fantascientifico; di fatto è difficile classificarlo con un’unica definizione letteraria. Descrive una distorsione in negativo di tutti i canoni sociali tradizionali, una comunità intera che si adatta a vivere/sopravvivere sfidando le leggi più elementari della natura e raggiungendo il peggior benessere auspicabile per la comunità stessa. Una distopia che parte dall’analisi della vita quotidiana dei moscoviti dei nostri giorni, osservata meticolosamente nei più piccoli particolari. |
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