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La mala educación (2004)
Genere:
Crime | Drama | Fantasy | Mystery | Romance | Thriller
Cast: Gael García Bernal Fele Martínez Daniel Giménez Cacho Lluís Homar Francisco Maestre Francisco Boira Juan Fernández Nacho Pérez Raúl García Forneiro Javier Cámara Alberto Ferreiro Petra Martínez Sandra Roberto Hoyas Agustín Almodóvar Pedro Almodóvar Sara Montiel Pau Poch Leonor Watling
AltreRecensioni
"Un film fatto per chiudere i conti con la propria infanzia, anche se Almodovar più che di sé parla della Spagna, della fine del franchismo e di quel bagno improvviso di libertà in cui molti si bruciarono le ali. Una storia di passioni rovinose ed estreme, di preti che seducono bambini, di ragazzi che seducono adulti, di fratelli che prendono il posto di altri fratelli, per invidia, per ambizione, per gelosia. In una catena di amori e vendette in cui nessuno è veramente innocente ma nemmeno i peggiori sono del tutto colpevoli, perché ogni boia può nascondere una vittima (e viceversa), solo la droga è il male assoluto, tutto o quasi si può fare in nome della passione. Che è anche la parola da cui viene invaso lo schermo nell'ultima scena de 'La mala educaciòn'. Un film così profondamente gay che i personaggi sono tutti di sesso maschile con le fugaci eccezioni di tre figure ancillari, una madre anziana, una nonna decrepita e una sarta che compare pochi attimi sul set del film nel film. Perché 'La cattiva educazione', titolo da prendere alla lettera, è anche un irriferibile racconto a scatole cinesi; un film-matrjoska pieno non solo di travestimenti e ricatti, ma di storie che contengono altre storie, di racconti che diventano film, di citazioni di ogni tipo, com'è da sempre nello stile cinefilo di Almodovar. Anche se qui il cinema, oltre che selvaggia scuola d'arte e di vita, diventa specchio, rifugio, luogo di iniziazione sessuale. Nonché mestiere di uno dei due protagonisti, regista alla Almodovar (con le dovute differenze), che un giorno si vede consegnare da un ex compagno di scuola, suo primo amore, il racconto neanche troppo fantasioso della cattiva educazione ricevuta dai preti. (...) Questa storia tutto sommato lineare ne nasconde una assai più torbida, un intricatissimo noir in cui la dark lady è un maschio, il messicano Gael Garcia Bernal, che interpreta sia il misterioso attore-scrittore sia il travestito con un'innocenza e un trasporto che danno anche alle più esplicite scene gay un pathos inconsueto perfino per Almodovar. Magari 'Tutto su mia madre' e 'Parla con lei' erano meno soffocanti, più nuovi, emozionanti e vitali. Magari il vertiginoso gioco di specchi de 'La mala educaciòn' risulta più privato, meno sorprendente. Ma forse è presto per dirlo, film così vanno meditati, metabolizzati, ne riparleremo alla fine del festival." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 13 maggio 2004)
"'La mala educación' è un film incantevole che partendo da uno spunto autobiografico, i dolori del giovane Pedro nei collegi dei preti anni '60, attinge a una sfrenata fantasia romanzesca. (...) Spazia tra passato e presente divertendosi a sottolineare come la vita si trasforma in melò e viceversa, propone inganni molteplici, scambi di persona, ritorni di personaggi spariti e sparizione di altri. Sul piano della narrazione Almodóvar sfoggia un'abilità da giocoliere, a volte sfidando la logica e la credibilità, ma ci mette un tocco ironico e perfino ilare che impreziosisce l' assunto tragico; e anche un palpito assolutorio che coinvolge i personaggi più negativi. Non esistono cattivi, solo esseri umani travolti dalla passione, la parola chiave della poetica di Pedro che non a caso risuona a suggello del film. I torbidi ricordi sono riscattati dalla tolleranza che viene con la maturità, le scene di violenta attrazione omosessuale (qui le donne contano poco) sono presentate con garbata naturalezza. Fra gli interpreti, tutti perfetti, spicca Gael García Bernal in una triplice incarnazione toccante e virtuosistica." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 13 maggio 2004)
"Un Pedro Almodovar con alle spalle i suoi film migliori riesce a ritrovare una certa freschezza nel rinfrescare idee altrui, attingendo cioè a classici e non classici del cinema, come nella 'Mala educaciòn', presentato fuori concorso all'ultimo Festival di Cannes senza ripetere l'accoglienza di 'Tutto su mia madre'. (...) La parte migliore del film è l'inizio, la descrizione di un affetto fra collegiali che ha il momento più alto nel calcio di rigore volutamente sbagliato in omaggio all'amato portiere." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 8 ottobre 2004)
"Avvolto in una confezione rutilante l'ultimo film di Pedro non è però all'altezza delle aspettative che il mondo rivolge a quello che è uno dei cinque artisti cinematografici più innovativi e importanti partoriti negli ultimi due decenni del XX secolo. (...) Tutti gli elementi caratteristici della sua poetica colorata e ridondante non convergono questa volta, come accaduto con magico effetto in particolare nei suoi due titoli immediatamente precedenti 'Tutto su mia madre' e 'Parla con lei', in qualcosa che travalica completamente i confini del proprio mondo di ossessioni e fantasie per farsi comunicazione ed emozione universale, per parlare a tutti. Questo film resta chiuso, come se fosse la dichiarazione a lungo trattenuta e ora sfogata ma pur sempre di un fondo buio e un po' malato della propria anima, in un orizzonte ristretto." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 9 ottobre 2004)
"Indietro tutta. Dopo due capolavori di audacia, don Pedro torna ai fondamentali del suo cinema. La cinefilia, il sesso, il travestitismo, il gioco delle identità. Con due novità di rilievo: la memoria (l'infanzia) e i preti. (...) Dimensione sempre forte in Almodóvar, anche quando non sembra, anche quando le sue 'famiglie' ('Tutto su mia madre') sono ben poco ortodosse. Chi ricorda le suore lesbiche e drogate de 'L'indiscreto fascino del peccato' sa che nulla va preso alla lettera. Almodóvar non denuncia, non giudica, non fa in nessun modo realismo. Ma tesse una trama soffocante (e mai così esplicitamente, dolorosamente gay) di delitti, ricatti, passioni rovinose ed estreme. In fondo a cui sembra agitarsi il paradossale rimpianto di un paradiso perduto che brilla per pochi istanti nei momenti, appunto, collettivi: un coro religioso, una partita a pallone, la troupe riunita su un set. Ecco di cosa parla questo noir tortuoso e estenuante. Dal quale le donne, dettaglio inquietante, sembrano escluse per principio." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero, 8 ottobre 2004)
"Perché 'La mala educaciòn' ci lascia un po' delusi? Innanzitutto il film, comunque d'alto livello, sconta l'urgenza di riprendere tutti i temi di una poetica d'autore: commedia postmoderna, melodramma popolare, incontro/scontro tra fantasia e realtà, esorcismo autobiografico, tormenti di una diversità non riconciliata... Per la prima volta, poi, don Pedro elabora un racconto dove le donne o il sentimento ambiguo della femminilità sono totalmente assenti, mentre dilaga e si specchia su se stesso l'orgoglio & pregiudizio gay. Siccome quest'autocoscienza delle nequizie e delizie omo/transessuali appare fatalmente limitante, le giravolte di spazio e tempo, i punti e a capo, le sottolineature e le cancellature finiscono con l'ostacolare la fluidità dello stile. (...). La prima parte del film è la più prevedibile, ma anche la più felice: quando la memoria ferita dell'improvvisato sceneggiatore materializza (grazie al taglio carico e sensuale di Almodòvar) le atmosfere morbose dell'istituto, la mistica brama del molestatore, la complicità tra bambini e la loro scoperta del cinema trash esaltata dal culto per Sara Montiel, la Mae West spagnola. Per di più aggiungendoci l'invenzione di un incontro tra i due ormai adulti, con Ignacio cantante travestito d'infima categoria che seduce Enrique diventato un frustrato padre di famiglia provinciale. Nella seconda la tensione scema e le sfilacciature non riescono a essere rammendate dal paradossale rimpianto di un paradiso perduto che scandisce i cambi d'identità tra i personaggi. Anche il campionario trasgressivo - fellatio e sodomie tra uomini, tuffi goduriosi in piscina, mutande come feticcio, autofocus voyeuristici - non va al di là del gioco di simulazione tra arte e vita, un'uscita troppo stretta per le grandi potenzialità del sarcasmo dissacrante di Almodovar." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 9 ottobre 2004)
Fonte "Altre Recensioni" www.cinematografo.it
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