Titolo originale: Il sogno di volare
Autore: Carlo Lucarelli
1ª ed. originale: 2013
Data di pubblicazione: 2013
Genere:Romanzo
Sottogenere: Giallo, Thriller
Editore: Einaudi
Collana: Einaudi. Stile libero big
Pagine: 265
Grazia Negro, poliziotto cacciatrice di killer è diventata madre. Ragazza madre. E' più sola di prima. Intorno a lei tutto è cambiato. A cominciare da Bologna, che non è più la stessa di dieci anni fa. Per le strade, sui cantieri, facce di tutti i colori. Le organizzazioni criminali infiltrate ovunque. Nuove solitudini, nuovi crimini. Alcuni molto strani, che fanno più paura. Perché è arrivato un killer nuovo, pieno di una rabbia senza nome. E Grazia Negro non capisce. Perché, certe volte, sarebbe tentata di dargli ragione.
Incipit:
Era una sensazione.
Non un rumore, perché la musica dell'iPod gli riempiva le orecchie morbida e piena come cera fusa, e non era neanche un'ombra o un movimento, perché va bene che il lampione era rotto e il portico quasi buio, ma lui era cosi immerso nei suoi pensieri, gli occhi rivolti a guardarsi più dentro che fuori, che non si sarebbe accorto di nulla neppure se fosse stato giorno e ci fosse stato il sole.
Era una sensazione.
Come quando uno si sveglia all'improvviso perché sente che qualcuno lo guarda, e infatti Enzo si strappò da musica e pensieri e si sfilò le cuffie per guardarsi attorno.
Ma non c'era niente.
Pensò così: niente. Non nessuno, proprio niente, perché la sensazione era che sotto quel portico buio, accanto a lui, mentre legava la bicicletta, non ci fosse qualcuno, ma qualcosa.
Qualcosa.
Ma non c'era niente.
Sarebbe rientrato nei suoi pensieri, tristi, e magari si sarebbe riempito ancora le orecchie di quella musica triste come i pensieri che lo aveva portato li pedalando lento in una Bologna vuota, ma fu proprio la bicicletta, o meglio, la catena che teneva in mano, meglio ancora: il lucchetto aperto, a fargli dimenticare tutto, sensazione, pensieri, tristezza e musica.
Perché sotto quel portico, fissato, incollato, saldato alla colonna a cui legava sempre la sua bicicletta, c'era un cartello stampato in grande, al computer, che diceva di non mettercele li, le biciclette, i motorini, niente, mai. E infatti il portico era vuoto, mura e colonne vergini, e tutti quelli che lo avevano fatto, soprattutto gli studenti come lui, si erano ritrovati con le gomme squarciate.
Ma lui no.
Lui ce la metteva sempre la bicicletta, legata al palo del divieto di sosta o direttamente alla colonna, e nessuno gli aveva mai fatto o detto niente.
Lui lo sapeva perché. E questo gli metteva dentro una rabbia, ma una rabbia, che gli faceva stringere i denti, e lo fece anche allora, strinse i denti, e lasciò il lucchetto aperto, la catena buttata sul manubrio, e pensando affanculo, tanto neanche me la rubano a me la bicicletta apri il portone e lo lasciò andare, che sbattesse pure, e a quell'ora di notte, con la tizia del primo piano che lo aveva scritto anche lei su un cartello, ma dentro, per favore accompagnate il portone, fanculo, fanculo e fanculo.
Ma Enzo era un tipo più da tristezza che da rabbia. Così si infilò di nuovo le cuffie dell'iPod nelle orecchie, e dato che aveva bloccato la ripetizione all'infinito trovò di nuovo quella canzone che parlava di una gazza, vurria ca fosse ciao- la, volare fino a te, e tutte quelle cose che ascolta uno quando è innamorato però lei non lo vuole, se no sarebbe stato più languore che tristezza.
Quella stronza.
E siccome triste, in quel momento, lo era molto, alzò il volume dell'iPod e non senti che il portone che aveva lasciato andare - fanculo, fanculo, fanculo - non aveva sbattuto, anzi, si era chiuso in silenzio.
Quella stronza.
Dopo “Almost blu” ed “Un giorno dopo l'altro”, torna in azione la detective Grazia Negro, per fermare la furia omicida di un nuovo killer seriale che funesta le strade di Bologna.
Bologna, tranquilla città di provincia poco avvezza a problematiche criminali, è oramai lontana dalla città rappresentata tra queste pagine. Lucarelli scatta una fotografia vivida e attuale del capoluogo emiliano, evidenziando il notevole flusso migratorio che abbraccia saldamente tutto il tessuto cittadino causando talvolta tensioni sociali, zone di degrado, sfruttamento. E poi la lenta e progressiva infiltrazione delle organizzazioni criminali con cui l'amministrazione locale deve convivere e combattere, sicuramente non ad armi pari.
Una città mutata, grigia e stanca, che ha perso lo smalto e la vivacità intellettuale e sociale di un tempo, in cui visi di tutti i colori si incontrano per le strade ogni giorno, in cui aleggia una sensazione di solitudine, di mancanza di aggregazione, di insoddisfazione, di rabbia.
Il volto emiliano è uno dei tanti volti dell'Italia di oggi, scelto dall'autore per raccontare una storia a tinte fosche, una storia che parla di crimine senza perdere mai di vista gli uomini siano essi cittadini o appartenenti alle forze dell'ordine.
Il racconto proposto da Lucarelli si accompagna ai versi della canzone “Il sogno di volare” del cantautore Andrea Buffa, cogliendo da essa spunti di riflessione sulle più frequenti piaghe sociali, come lo sfruttamento di manodopera in nero, le morti sul lavoro, i disagi degli immigrati.
Un richiamo importante che consolida nel lettore la sensazione che l'autore in questo romanzo abbia voluto fondere elementi noir a tematiche sociali di attualità; quasi a ricercare le scintille dell'odio in una trasformazione generalizzata che ha investito gli uomini.
E' questa la chiave di lettura con cui affrontare la storia, perchè questo romanzo di Lucarelli sembra
privilegiare la denuncia sociale alla ricerca della suspense e dell'azione, talora scivolando in situazioni poliziesche poco credibili.
Buona ed interessante la caratura psicologica femminile operata dall'autore nel disegnare la figura della poliziotta protagonista, dando prova di sapere addentrarsi nell'animo di una donna diviso tra una carriera impegnativa e il desiderio di realizzare i propri sogni.
In definitiva il sogno di volare raccontato da Lucarelli è il sogno di tanti uomini e donne, corrosi da una vita difficile, stretta, disagiata; è un sogno di evasione, di giustizia, di affetto, di realizzazione.
Molto spesso questo sogno passa attraverso canali sbagliati e l'autore ce ne racconta un esempio.
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