In copertina c'è la dicitura “OPERA APOCRIFA da La buona novella di Fabrizio De Andrè” ed è una rivisitazione del disco “la buona novella”, appunto, di De Andrè uscito nel 1970, Qualcuno potrà storcere la bocca (sempre legittimo quando si tratta di remake) ma teniamo conto che Mussida e Di Cioccio, all'epoca dei Quelli quando lavoravano anche come turnisti in sala d'incisione, parteciparono anche all'originale di De Andrè e che, in seguito, nella tournée di fine anni Ottanta con Faber, ebbero già modo di suonare con lui un paio di brani di questo disco (Maria nella bottega del falegname e Il testamento di Tito) nonché tanti altri e che in seguito De Andrè stesso, nei suoi concerti, continuò ad usare gli arrangiamenti di Mussida e compagni, a dimostrazione di un'indubbia consonanza musicale.
Mi piace anche notare che Franz (che non nasce come cantante) dà in questo disco una prova maiuscola e che il discorso che la PFM ha sempre avuto il suo tallone d'Achille nelle voci (e già, canta anche Francone Mussida) ormai è, a mio avviso, superato.
Che altro dire? A mio parere quest'opera, privata dell'arrangiamento orchestrale di Reverberi (che oggi suona un po' datato) e con l'aggiunta dell'energia e delle atmosfere della PFM guadagna nuova vita e sono convinto che il maestro, da lassù, approvi. |