VAN DER GRAAF GENERATOR
COMPLETE ALBUMS (1969-1978)
::->Il Gruppo<-::
* Peter Hammill: Voce, chitarra, pianoforte (1967-1978,2005-attuale)
* Hugh Banton: Tastiere, basso elettrico, chitarra (1968-1976,2005-attuale)
* Guy Evans: Batteria (1968-1978,2005-attuale)
* David Jackson: Fiati (1970-1977,1978,2005)
::->Tracklist<-::
The Aerosol Grey Machine (Repertoire, 1969):
1. Afterwards
2. Orthenthian St (Part I)
3. Orthenthian St (Part II)
4. Running Back
5. Into A Game
6. Aerosol Grey Machine
7. Black Smoke Yen
8. Aquarian
9. Necromancer
10. Octopus
The Least We Can Do Is Wave To Each Other (Blue Plate, 1970):
1. Darkness (11/11)
(Kensington Court, 1968)
2. Refugees
(Kensington Court, 1969)
3. White Hammer
(Kensington Court/Derby, 1969)
4. Whatever would Robert have said
(Fawley Road, W. Kensington, 1970)
5. Out of my Book
(Fawley Road, 1969)
6. After the Flood
(Fawley Road, 1969)
7. Boat of Millions of Years (2005 re-master only)
(Derby, 1967)
8. Refugees (Single version - 2005 re-master only)
(Kensington Court, 1969)
H To He, Who Am The Only One (Blue Plate, 1970):
1. Killer
(Manchester, 1968)
2. House with no Door
(Fawley Road, 1970)
3.The Emperor in his War Room
(Fawley Road/Derby, 1970)
i) The Emperor
ii) The Room
4.Lost
(Fawley Road/Derby, 1970)
i) The dance in sand and sea
ii) The dance in frost
5.Pioneers over c
(Fawley Road, 1970)
6.Squid 1/Squid 2/Octopus (2005 re-master only)
(Southampton, 1967)
7.The Emperor in his War Room (2005 re-master only)
(Fawley Road/Derby, 1970)
(First version)
Pawn Hearts (Blue Plate, 1971):
1. Lemmings (including COG)
1a. Theme One (US only)
2. Man-Erg
3. A Plague of Lighthouse Keepers
a. Eyewitness
b. Pictures/Lighthouse
c. Eyewitness
d. S.H.M.
e. Presence of the Night
f. Kosmos Tours
g. (Custard's) Last Stand
h. The Clot Thickens
i. Land's End (Sineline)
j. We Go Now
On the 2005 re-master only:
4. Theme One (original mix)
5. w
6. Angle of Incidents
7. Ponker's Theme
8. Diminutions
Godbluff (Blue Plate, 1975):
1.The Undercover Man
2.Scorched Earth
3.Arrow
4.The Sleepwalkers
On 2005 re-masters only:
5.Forsaken Gardens
6.A Louse is not a Home
Still Life (Blue Plate, 1976):
1. Pilgrims
2. Still Life
3. La Rossa
4. My Room (Waiting for Wonderland)
5. Childlike Faith in Childhood's End
World Record (Blue Plate, 1976):
1. When She Comes
2. A Place to Survive
3. Masks
4. Meurglys III, The Songwriters Guild
5. Wondering
The Quiet Zone The Pleasure Dome (Blue Plate, 1977):
1. Lizard Play
2. The Habit of the Broken Heart
3. The Siren Song
4. Last Frame
5. The Wave
6. Cat's Eye / Yellow Fever (running)
7. The Sphinx in the Face
8. Chemical World
9. The Sphinx Returns
Vital (Blue Plate, 1978):
1. Ship of Fools
2. Still Life
3. Last Frame
4. Mirror Images
5. Medley (parts of A Plague
of Lighthouse Keepers
and The Sleepwalkers)
6. Pioneers Over C
7. Sci-finance
8. Door
9. Urban
10. Nadir's Big Chance
::->Biografia<-::
Se c'è un gruppo progressive che merita l'aggettivazione di "esistenziale" questi sono sicuramente i Van Der Graaf Generator e se c'è un gruppo, in tale ambito, che si è salvato, per lo meno nella considerazione critica, dal terremoto punk della fine degli anni settanta questi sono ancora i VDGG.
Troppo bravi, troppo lontani da cascami esibizionistici e da derive virtuosistiche, troppo profondi e drammatici e in fondo troppo proiettati sul futuro per non essere ricordati e stimati anche ai giorni nostri.
L'estetica e la filosofia che sottende la musica dei VDGG, poi, non trascende il reale nel favolistico, come nei Genesis, non lo dissolve nell'indeterminato, come nella grande progettualità musicale dei King Crimson, non lo avviluppa in forme estetizzanti e alla fine rassicuranti, come nel formalismo degli Emerson, Lake and Palmer o degli Yes, bensì lo sviluppa nel simbolismo e nella metafora dello psicodramma, nella forza catartica dell'angoscia del divenire.
Non fiabe, elfi, gnomi, ma l'angoscia del reale in una musica che quasi fin dall'inizio vive il senso del dramma in una chiave che è sì epica, ma al contempo quotidiana e suburbana; in tal senso un gruppo molto avanti sui suoi tempi, esilmente ma inequivocabilmente già proiettato verso il superamento del progressive come determinazione stilistica, spostando invece i criteri del genere in un'ottica di strategia compositiva e di progettualità artistica ed emozionale.
Il gruppo esordisce discograficamente nel 1969 con Aerosol Grey Machine ed è costituito da Hugh Banton alle tastiere, Keith Ellis al basso, Guy Evans alla batteria, un misterioso Jeff al flauto e da Peter Hammill, autore della totalità dei brani e leader indiscusso, alla chitarra e alla voce.
Il disco è generalmente poco considerato e giudicato di transizione, ma in realtà contiene in sé, in maniera se si vuole incompleta e confusa, già tutti gli elementi degli anni a venire: musica percorsa da una strana tensione sotterranea, tenuta assieme dall'organo di Hugh Banton, antieroe delle tastiere in un'epoca di solisti, e percorsa dai fremiti della vocalità di Hammill, all'esordio ancora timida e flautata; i pezzi però hanno una struttura melodica che se già contiene elementi complessi e una forte tendenza al chiaroscuro, dall'altra appare poco limpida e coinvolgente, con il risultato di musica emotivamente forte ma di forma confusa, indeterminata; spesso i pezzi sono condotti dalla chitarra acustica, che il gruppo successivamente abbandonerà quasi del tutto, dando a volte una nota quasi cantautorale a livello di arrangiamento; comunque il disco contiene due pezzi notevoli: "Afterward" e "The Necromancer".
Passa un anno, esce The least we can do is wave to each other, con un line-up composto da Hammill, Banton, Evans e da David Jackson ai fiati, e sembra che ne siano passati dieci tanto il salto è notevole; il songwriting di Hammill è molto più maturo e strutturato, l'organo di Banton descrive volute armoniche inconfondibili, la voce appare più piena e convincente, guadagnando in personalità e aggressività, poi a far quadrare il cerchio c'è l'acquisizione del sax di Jackson, che con il suo stile lirico e dissonante caratterizzerà il sound del gruppo per gli anni a venire. La prima facciata del vecchio LP, poi, è splendida, con la tensione e la raffinatezza armonica di "Darkness" e "White Hammer" e il crescendo lirico della straordinaria ballata "Refugee", certamente uno dei brani più famosi del gruppo.
Il disco non ha successo di vendita ma non passa inosservato se sua maestà Fripp in persona scomoda la sua chitarra per suonare in un brano del successivo H to he who am the only one, disco compiuto e impeccabile in tutti i suoi 5 brani, tra cui si stagliano la melanconica e pianistica "House with no door", la inquietante, romantica "Lost" e l'aggressiva "Killer". H to he è un disco nel quale prende piena forma e coscienza il sound cupo e drammatico, ma sempre estremamente raffinato e non scevro da efficacissime aperture melodiche, del gruppo.
Alla fine, però, è un disco di transizione, e ci se ne accorge l'anno successivo, il 1972, quando esce Pawn Hearts, considerato giustamente il capolavoro dei VDGG e uno dei dischi cardine del progressive tutto. Difficile descrivere la suite "The Plague Of Lighthouse Keeper", con i suoi saliscendi emotivi, con la teatralità dell'impostazione vocale, con lo splendore delle parti in cui Hammill al piano stempera l'angoscia e la risolve in un romanticismo drammatico e letterario; difficile descrivere la tensione estraniante di un brano che racconta di un mondo altro ma incombente, di una musicalità quasi aliena ma presente, impossibile da ignorare. Tale splendore rischia di far passare in secondo piano gli altri due brani, altri due capolavori, "Man-erg" e "Lemmings".
Dopo Pawn Hearts Hammill scioglie il gruppo per proseguire i suoi progetti solisti, per poi ricompattarlo a sorpresa nel 1975 con Godbluff. Parte qui la seconda fase dell'esperienza dei Van Der Graaf, una fase evolutiva di estremo interesse ma sostanzialmente ignorata e sottovalutata dal pubblico, anche quello legato al genere, e dalla critica.
Godbluff è un disco buono e un po' deludente al contempo. Tra pezzi di retrogusto romantico come "Undercoverman" e l'aggressività urlata di "Sleepwalker", il gruppo sembra non poter ripetere le meraviglie del periodo precedente, comincia però ad affiorare una maggiore urgenza e secchezza negli arrangiamenti con la voce di Hammill che spesso si erge in un urlo disperato.
Meglio farà "Still Life" l'anno successivo. Se l'iniziale "Pilgrim" ci porta indietro di qualche anno, il successivo brano che dà il titolo all'album è qualcosa di terrificante e in qualche modo di inedito e ineguagliato, con un inizio inquietante per voce e organo e con il successivo intervento di tutto l'organico in un brano disperato nel suo dispiegarsi contorto.
Il successivo World Record farà ancora meglio, i pezzi assumono qualcosa di alienante, gli arrangiamenti sono articolati ma anche più schematici rispetto al passato, la tensione esistenziale dei brani rimane altissima tra un potenziale hit come la solenne "Wondering" e il minimalismo che fa capolino nella lunga e complessa "Meurglis III". L'involucro rimane legato al rock progressivo, ma sottotraccia si erge un'estetica diversa, più ruvida e meno consolatoria.
World Record è il disco migliore della seconda fase del gruppo, se non altro per la presenza degli oltre 20 minuti della già citata "Meurglis III", in assoluto una delle migliori composizioni di Hammill, brano articolato, fortemente pittorico e teatrale, e per il livello quasi perfetto di interplay strumentale, in particolare tra l'organo di Banton e il sax di Jackson.
L'anno successivo esce "The quiet zone/the pleasure dome" con il violino di Graham Smith che sostituisce il sax di Jackson. Siamo sempre su livelli ottimi e l'introduzione del violino accentua ancor più gli aspetti lirici e melodrammatici della musica interagendo alla perfezione con la voce di Hammill. Il disco, comunque, contiene alcuni brani deboli e non è al livello dei precedenti.
Forse Hammill è conscio che il generatore sta esaurendo la sua carica e nel 1978 il gruppo conclude definitivamente la sua parabola, ma prima esce un live, Vital; in copertina i musicisti sono statuine inanimate e ciò introduce un disco che è la logica conclusione della parabola musicale dei VDGG e in qualche modo la sua sintesi estrema: un disco di una tensione insostenibile, quasi brutale, cattiva e disperata, suonato in maniera aspra e ruvida, spesso guidato da secchi accordi di chitarra elettrica e dalla vocalità del leader, sempre più drammatica e teatrale, ma al contempo lontanissimo da derive rumoristiche e cacofoniche e da ingenui spontaneismi; a suo modo un disco molto più vicino a una certa new wave che al progressive e che rappresenta il precipitato emotivo di ciò che il gruppo è sempre stato e che ha convogliato di volta in volta in forme espressive diverse.
Con Vital si conclude la storia del gruppo, proseguirà Hammill da solista con risultati alterni ma sempre onesti, un gruppo estraneo alle facili trappole del manierismo e influente anche al di là dei confini, per quanto vasti e labili, del progressive.
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